Siamo giunti alla Quaresima.
Un mini percorso da cogliere al volo.
Parafrasando don Tonino Bello, amato vescovo di Molfetta morto nel 1993, possiamo pensare di vivere il tempo di quaresima come un lungo percorso i cui segni sono raccolti tra la testa e i piedi. Si inizia con l’imposizione delle ceneri in questo mercoledì e si finisce il giovedì santo, con la lavanda dei piedi. Sembra un tragitto breve, mediamente meno di due metri – dice don Tonino -, ma bisogna attraversare un vero e proprio mondo convertendosi, cambiando vertice.
Si parte dal purificare la mente dai pensieri vacui, dribblando giri mentali, demolendo convinzioni e pregiudizi. La mente che mente non è solo un paradosso: è l’inganno reale cui ci sottoponiamo anche quando pensiamo che è vero solo quello che pensiamo noi, senza darci altre possibilità. Disilludere la mente nelle sue preposizioni stratificate non è semplice: sono così tante le precomprensioni che è necessario sempre più sovente sospendere i giudizi ed imparare a stare nelle vicende e le questioni che la vita ci pone, lontano da un mondo immaginativo e preconfezionato. Digiunare dal guardare al solito modo se stessi e la vita, astenersi dal parlare vuoto preferendo il silenzio pieno, è uno dei modi possibili da applicare in questo periodo per una quaresima diversa dal solito. La cenere è ovviamente un prodotto trasformato perché sappiamo che in realtà era altro prima che venisse bruciato e, come un monito, ci indica di cambiare modi di pensare e di imparare da Cristo che alla scuola del Padre misericordioso, ci testimonia l’avvento del Regno nuovo, la vita nostra trasformata ed elevata.
Nel rapido discendere dal capo ai piedi, incontriamo il cuore, da sempre sede simbolica di affetti e sentimenti. Emozioni più o meno belle ci pervadono ogni giorno e, come in ogni tempo, ancora di più in quaresima dobbiamo orientarle e portarle così a conversione, nel porto del vertice nuovo. Le emozioni a volte sembrano sopraffarci, portandoci lontano da ciò che vogliamo e desideriamo più profondamente. Altre volte sono invece il motore determinante per il nostro procedere. A volte ci prendono; altre volte siamo noi a comprenderle. È necessario anche qui un piccolo percorso interiore che richiede una certa disciplina, proprio per non essere come una banderuola al vento delle paure, delle preoccupazioni, delle rabbie e di ciò che accade nelle nostre giornate. In questo tragitto, può venirci in soccorso la preghiera, la cui dimensione è sempre stata un riferimento importante per l’umanità di tutte le latitudini: essa ci eleva dal quotidiano e ci porta per i sentieri delle alte vette dove soffia il vento migliore . La preghiera semplice, la semplice giaculatoria ad esempio, accanto a tutti gli appuntamenti più importanti che ciascuno si vorrà dare, è una via immediata e sobria che possiamo sempre portare con noi. Placa l’animo e rinsalda il cuore specialmente se diventa come un respiro.
Ed arriviamo così, infine, ai piedi. Segno del camminare dell’essere in movimento. Impolverati dalle strade di allora, gli evangelisti li hanno raccontati anche in altri episodi. Ma il divin Maestro ha voluto lasciare attraverso di essi ed un grembiule, accanto al segno, un gesto, narrato nel solo vangelo di Giovani. Un’azione scrupolosa, per tutti, nessuno escluso, necessaria per avere parte con lui, per partecipare con il Cristo alla costituzione del Regno nuovo. Questa nuova realtà passa per un’azione concreta, un’azione che ci mette in relazione: camminare con altri, servire gli altri. È la carità in tutte le forme possibili per se stessi e per gli altri. Posso infatti esercitare carità con me stesso se mi lascio il tempo per dare più valore a ciò che può significare il mio essere cristiano nei fatti. Ci sono sicuramente tanti modi per non restare lontano dagli altri con cui convivo o con cui lavoro o che incontro quotidianamente, anche filtrati dalla mascherine di questo periodo. È l’azione amorevole e sincera che sigilla le mie piccole conversioni di questo tempo e di tutti i giorni. Un passo breve che una mente e un cuore convertiti, dai vertici rinnovati dalle giuste priorità e motivazioni, misura il nostro camminare in questo tempo speciale.
Ecco dei modi per vivere intensamente la quaresima, ‘dalla testa ai piedi’. Certo, lo abbiamo fatto velocemente, ma se vuoi saperne di più, scrivimi.
La vita è un dono.
Due esercizi per ricordarsene.
Tra la fine e l’inizio di un anno si è sempre soliti fare un po’ di revisioni e di programmi. In questa verifica (fare verità, tentare di mettere ordine alla propria vita anche solo per qualche momento) echeggiano vari richiami verso quello che poteva essere e non è stato e a quello che potrebbe essere ancora e che potremmo generare. Tra queste onde sonore interiori che vibrano sul finire del 2020, suggerisco due esercizi legati fra loro.
L’esercizio delle gratitudine sposta l’ego dal centro della vita, liberando uno spazio essenziale. Ecco perché è importante essere grato e, se ancora lo sono poco o penso che in un anno come questo che è passato non è possibile dire ‘grazie’, posso mettermi alla scuola della Vita per imparare. Infatti, essere vivi e respirare, non è stato chiesto e neppure meritato. Totalmente gratis è l’aria che si respira, la luce, la natura, l’amore… Dal tutto mi è dovuto, al tutto mi è dato, il passo è fatto, basta davvero poco. L’esercizio deve essere costante e, anche questo, è gratuito.
Che dire poi di come il lamento che ci accerchia e ci reclude, porta con sé il peso della recriminazione, la dispersione delle nostre forze a causa delle emozioni negative… la gratitudine rimette in ordine il cassetto del tempo e il passato riduce le sue ombre mentre il futuro si illumina di mille colori. Per annullare il motivo del lamento, l’esercizio è sforzarsi di trovare il modo di dire bene su ciò che mi accade. Bene-dire, per essere grati. Non è semplice ma occorre esercitarsi. Dal lamento alla gratitudine è un risultato di molti passaggi, così come la trama di una tela diventa il tessuto di cui vestirsi. È un allenamento di cui non si potrà più fare a meno, non appena provati i primi benefici.
Più alto e profondo è il ‘grazie’ che riesci a pronunciare, più si aprono gli orizzonti. Mentre l’ego ti accorcia gli spazi, dire grazie sicuramente ti migliora la vita, oltre il 2020, per il miglior 2021 possibile.
Esercitandoci alla gratitudine non ci accomodiamo o ci accontentiamo, ma facciamo sì non tanto che migliori genericamente il 2021, ma che il 2021 sia ‘buono’ davvero, perché ognuno di noi e più grato alla Vita. Riconosciamolo per primi e attorniamoci di persone che vogliono essere grate.
Prepariamoci all’Avvento allenandoci al silenzio.
Spunti di riflessione per il prossimo periodo che ci prepara al Natale.
Nell’antichità, prima ancora che per il periodo di preparazione al Natale, l’essere in avvento si riferiva al tempo di attesa di un personaggio importante, della visita del Re o di un suo funzionario e, in talune culture, anche al tempo in cui ci sarebbe stata la manifestazione della divinità che, lasciava il luogo abituale del suo nascondimento agli occhi degli uomini. Era un po’ come una specie di ‘umanizzazione’ di Dio che è compreso, in qualche modo, in quello che contempliamo nel nostro mistero natalizio.
‘Avvento’ per i cristiani è attesa di questo evento del Dio che viene e si incarna nella storia. Attesa che, nel nostro caso, non ha niente a che fare con l’aspettativa: sappiamo che è venuto già e ci prepariamo oggi come ogni anno a farne memoria, a celebrare una festa. E’ fantastico come in questo tempo si conservino delle forme ancestrali legate al silenzio, al silenzio della natura, al silenzio del buio che nel suo solstizio inizia ad arrendersi alla luce. E’ un’attesa che non dubita, che è certa che, nel ciclo delle stagioni, l’inizio dell’inverno contiene in sé già i primordi della stagione successiva, la primavera, la nuova vita.
Ma ora si attende: ci si misura con questa ‘tensione-verso’, si at-tende. Siamo in attesa pieni di speranza, ma siamo contemporaneamente già certi che Egli è qui, perché altrimenti non avremmo necessità di farne memoria, di ri-cordarlo, di portarlo nuovamente al cuore. Dio c’è e si fa trovare sempre da chi lo cerca con cuore sincero (cfr Sal 144, 18).
Allora potremmo tradurre questo tempo come un tempo di allenamento per ri-conoscere, conoscere nuovamente, la presenza di Cristo nel mondo e non in un mondo generico, ma nel mio mondo. In questo nuovo conoscere c’è un principio certo e una domanda: Lui c’è già ed io dove sono? Se non mi colloco in maniera da poterlo incontrare sarà difficile fare Natale. Dovrò allora allenarmi ad essere presente a me stesso, prima ancora di cercare di essere presente al Dio che s’incarna nella storia della mia vita.
L’avvento liturgico è la mia preparazione speciale al quotidiano situarmi all’interno dell’eterno presente di Dio. Sono forse troppo spesso nel passato, guardo a quello che poteva essere e non è stato? Al torto subito o a quello dato? Non sono in Avvento. Oppure guardo al futuro? Voglio mantenere tutto sotto controllo e mi preoccupo con paura di quello che potrebbe accadere? Come sarà questo Natale col Covid? Mangeremo il panettone insieme con parenti e amici o sarò a tavola con i più intimi? Con questi ed altri pensieri simili, sembra difficile dire di essere nel presente eterno di Dio e così non mi preparo nemmeno all’Avvento.
Passato e futuro passano in secondo piano mentre si vive l’avvento, che potremmo definire dunque come una specie di costante attesa al presente.
Se attendiamo il Verbo, è il silenzio che deve contrassegnare questo tempo. A scanso di equivoci: non il mutismo, l’assenza di parole, ma un tacere psico-emotivo e fisico voluto, davanti al mistero della libertà amorevole di Dio di farsi presente all’umanità, a me.
Non siamo ancora in avvento o, forse, potremmo esserlo da tempo senza saperlo. Attendiamo che passi il Re e, ancora forse, potrebbe essere già passato e non ce ne siamo accorti. Fortunatamente lui c’è sempre, presenza eterna che comprende la storia e la speranza certa del futuro in lui. Facciamo spazio al silenzio vero creando le migliori condizioni, ora, e… prepariamoci all’Avvento.