Prepariamoci all’Avvento allenandoci al silenzio.
Spunti di riflessione per il prossimo periodo che ci prepara al Natale.
Nell’antichità, prima ancora che per il periodo di preparazione al Natale, l’essere in avvento si riferiva al tempo di attesa di un personaggio importante, della visita del Re o di un suo funzionario e, in talune culture, anche al tempo in cui ci sarebbe stata la manifestazione della divinità che, lasciava il luogo abituale del suo nascondimento agli occhi degli uomini. Era un po’ come una specie di ‘umanizzazione’ di Dio che è compreso, in qualche modo, in quello che contempliamo nel nostro mistero natalizio.
‘Avvento’ per i cristiani è attesa di questo evento del Dio che viene e si incarna nella storia. Attesa che, nel nostro caso, non ha niente a che fare con l’aspettativa: sappiamo che è venuto già e ci prepariamo oggi come ogni anno a farne memoria, a celebrare una festa. E’ fantastico come in questo tempo si conservino delle forme ancestrali legate al silenzio, al silenzio della natura, al silenzio del buio che nel suo solstizio inizia ad arrendersi alla luce. E’ un’attesa che non dubita, che è certa che, nel ciclo delle stagioni, l’inizio dell’inverno contiene in sé già i primordi della stagione successiva, la primavera, la nuova vita.
Ma ora si attende: ci si misura con questa ‘tensione-verso’, si at-tende. Siamo in attesa pieni di speranza, ma siamo contemporaneamente già certi che Egli è qui, perché altrimenti non avremmo necessità di farne memoria, di ri-cordarlo, di portarlo nuovamente al cuore. Dio c’è e si fa trovare sempre da chi lo cerca con cuore sincero (cfr Sal 144, 18).
Allora potremmo tradurre questo tempo come un tempo di allenamento per ri-conoscere, conoscere nuovamente, la presenza di Cristo nel mondo e non in un mondo generico, ma nel mio mondo. In questo nuovo conoscere c’è un principio certo e una domanda: Lui c’è già ed io dove sono? Se non mi colloco in maniera da poterlo incontrare sarà difficile fare Natale. Dovrò allora allenarmi ad essere presente a me stesso, prima ancora di cercare di essere presente al Dio che s’incarna nella storia della mia vita.
L’avvento liturgico è la mia preparazione speciale al quotidiano situarmi all’interno dell’eterno presente di Dio. Sono forse troppo spesso nel passato, guardo a quello che poteva essere e non è stato? Al torto subito o a quello dato? Non sono in Avvento. Oppure guardo al futuro? Voglio mantenere tutto sotto controllo e mi preoccupo con paura di quello che potrebbe accadere? Come sarà questo Natale col Covid? Mangeremo il panettone insieme con parenti e amici o sarò a tavola con i più intimi? Con questi ed altri pensieri simili, sembra difficile dire di essere nel presente eterno di Dio e così non mi preparo nemmeno all’Avvento.
Passato e futuro passano in secondo piano mentre si vive l’avvento, che potremmo definire dunque come una specie di costante attesa al presente.
Se attendiamo il Verbo, è il silenzio che deve contrassegnare questo tempo. A scanso di equivoci: non il mutismo, l’assenza di parole, ma un tacere psico-emotivo e fisico voluto, davanti al mistero della libertà amorevole di Dio di farsi presente all’umanità, a me.
Non siamo ancora in avvento o, forse, potremmo esserlo da tempo senza saperlo. Attendiamo che passi il Re e, ancora forse, potrebbe essere già passato e non ce ne siamo accorti. Fortunatamente lui c’è sempre, presenza eterna che comprende la storia e la speranza certa del futuro in lui. Facciamo spazio al silenzio vero creando le migliori condizioni, ora, e… prepariamoci all’Avvento.